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IRENE INTERVISTA LUCIANA

Da donna a donna. La scrittrice maremmana Luciana Bellini si “confessa” alla giornalista Irene Blundo in una lunga e approfondita intervista pubblicata sull’ultimo numero della rivista “Storia e Storie di Toscana” (Edizioni Medicea Firenze).

Dagli aIbori a oggi

In questa interessante chiacchierata Luciana ripercorre i suoi esordi letterari e si mette a nudo come autrice che fa della scrittura la sua ‘valvola di sfogo”.

Per l’autrice maremmana la scrittura è come un “gancio” per affrancarsi dalla cosiddetta normalità e immergersi in una dimensione onirica e vera al tempo stesso, che la realizza e la gratifica.

L’amore per la scrittura: un “evergreen”

D’altronde, Luciana l’ha sempre detto, l’amore per la scrittura è sempre stato presente in lei e con gli anni e una maggiore libertà acquistata dopo essersi dedicata al lavoro e ai figli ha preso il sopravvento. Luciana e lo scrivere sono una cosa sola, un “tuffo” taumaturgico a ritroso nella memoria sua e della gente di Maremma.

Le sue “armi”? Solo penna e quaderno

L’articolo dal titolo “Luciana Bellini, la scrittrice contadina che usa solo penna e quaderno”, pubblicato nella sezione “Letteratura” della rivista fiorentina è introdotto dalle parole della scrittrice, che riassumono il suo “modus operandi” spontaneo e senza sovrastrutture: “Scrivo di getto e mi dà pensiero rimetterci le mani, perdere tempo per quelle trappole che mi permettono di riprodurre per iscritto il linguaggio parlato”.

Nei suoi scritti uno scrigno della memoria

“Luciana Bellini – argomenta Irene Blundo – ha il grande pregio di aver fermato sulla carta e lasciato dunque testimonianza della memoria del passato contadino della Maremma. Fatti storici, come la seconda guerra mondiale, e privati si uniscono nella dimensione del paese in cui la solidarietà è un valore saldo. Tutti i suoi libri sono scritti in maremmano e presentano nelle ultime pagine un glossario. Alcune parole, infatti, si sono perdute nel tempo anche nella stessa terra dove sono nate”.