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La donna di città che sogna la campagna (II)

“E’ lei che mi leva dall’imbarazzo, e con un candore civettuolo mi confida un segreto: vuol comprare un podere perché deve investire dei soldi! e, pare che questo sia il momento ideale.

Porcamaremma che abbaglio! Io ho preso fischi pe’ fiaschi: la terra che a noi cià sfamato e ci sfama, non è la sua!

“Signoracara, lo faccia prima possibile questo passo: il suo stipendio insieme a quello del suo compagno, un bel teporino ne le stanze ariose, il verde preciso davanti casa, il sole dosato da le tende… La donna de le pulizie, il giardiniere-ortolano, la piscina… Tranquilla Signora: chi cià ’l blocchetto dell’assegni sempre pieno, il podere se lo gòde in pieno!”

Hai ragione Billo di guardammi coll’occhio incupito: se dio-ne-guardi mi mettevo a digli dei mancati guadagni, de le rinunce, dei debiti, che avrebbe capito? Avrebbe capito quel che avrei capito io se lei m’avesse spiegato l’addendi e i dividendi, i registri da registrà, ’l conguaglio dell’87 e lo scorporo del ’78.

Eh sì caro Angiòlo: chiàccherà è facile, capissi è un’altra cosa.

Io parlo così perché so’ traversa, ma quella Signora aveva una sensibilità tutta sua, e quando nel campo di là adocchiò le pecore, fece:

“Che belle!!! Quanta lana vergine! Al giorno d’oggi con quel che costa un gomitolo… Lo sa signoramia che per fare un cardigan non bastano 150 mila lire? Solo con il loro il vello, voi vi arricchite!”

La sapesse tutta caraLei, certe annate pe’ vendela bisogna fa’ i salti mortali: nessuno la vòle, a nessuno gli interessa.

“Voi agricoltori avete tutto: uova, formaggio, olio, vino… praticamente, la spesa, la fate gratis!”

Eh sì Signora, più o meno. Noi campagnoli si risparmia talmente tanto che, quel monte di soldi che c’avanzano tutt’i mesi, si mettano tutti là: a la banca dei monchi come diceva la mi’ nonna.

“Certo, il progresso si vede! Una volta le case erano stalle, oggi invece tra campagna è città non c’è differenza alcuna: riscaldamento, telefono, luce…”

E’ vero Signora, i poderi so’ stati rimodernati e, del lume a gas e de la candela non c’è rimasto più manco ’l puzzo. A proposito di luce gli voglio raccontà questa: anni e anni fa, qui da le nostre parti venne un Ministro e, preso dalla foga del comizio elettorale, si sbilanciò:

“Vi metteremo la luce anche nei campi, così, potrete lavorare di giorno e di notte!

A quel punto fu un battimani generale: l’òmini non ressero ’l colpo e lacrimarono come vitelli. A le donne quella frase a effetto gli fece l’effetto de le cipolle, cert’occhi rossi: pareva avessero fatto l’acquacotta pe’ 50 persone e più.

Così raccontava Ottavio e, a chi lo coglionava e gli diceva che quella era una barzelletta, lui gli si rivoltava male e giurava che quel Ministro l’aveva sentito lui co’ su’ orecchi!

E io, Billo, tra me e me dicevo: dato che ’sta Signora è tanto interessata al territorio, magari ’sta storiella nostrana la gradisce, quasi quasi gliela racconto. E invece no, Angiòlo, lasciaii perde’: aprii bocca pe’ invitatalla in casa a piglià un caffé.

Tu avessi visto con che garbo girava ’l cucchiaino ne la tazzina… io speravo che gli sfuggisse di mano almeno un tintinnio piccino, massì… Aspettavo un passo falso: anche un risùcchio leggero mi sarebbe bastato. Macché: sorseggiava da dio e, quand’ha finito, con nonscialànz s’accende una sigaretta. Che male c’è: visto che qui l’aria è pulita, anche se m’affumica la stanza….

Appena fa l’atto d’alzà ’l culo da la sedia, io pronta gli spalanco l’uscio, ma lei resta lì tra il dentro e il fòri coll’occhi rivolti al cielo:

“Che spettacolo… che colori… queste sono le sfumature di un dipinto!” Esclama nell’estasi del momento.

Visto che non spiccico parola, mi guarda interrogativa: se non commento nemmeno ’sto tramonto da cartolina, allora vòl di’ che so’ pròpio orba! Lo vedo: mi commisera senza riserve, e mentre scende le scale so’ sicura che dice:

“Che donnetta insulsa! Questa non è capace di mettere insieme una frase. Non ha un guizzo di entusiasmo neanche se glielo fai notare il cielo. E’ impossibile instaurare un dialogo con certa gente. Il loro progresso è tutto esteriore: questi, bifolchi erano e bifolchi so’ rimasti! La terra, per loro è solo fonte di guadagno, questi cafoni non guardano che al loro interesse! Se potessero, oltre ai casali venderebbero anche il colore del tramonto. Vivono immersi nella natura, ma non sanno aprezzarla né rispettarla.”

Se, allora, tu ci fossi stato te, Angiòlo, e lei t’avesse visto circolà quioltre, compassionevole avrebbe detto:

“Poverino questo tacchino, presto finirà spennato.”